L’epopea degli scultori Piccirilli in un documentario internazionale
By Daniela Marzano
Massa-Carrara. Il Tirreno - Il ponte creato tra Massa Carrara e gli Stati Uniti dai fratelli Piccirilli, i famosi scultori massesi emigrati in America e artefici nel Nuovo Mondo di importanti monumenti nazionali, è ancora solido e attuale. Ne è dimostrazione un capitolo del documentario sulla loro storia che il regista argentino Eduardo Montes-Bradley ha deciso di realizzare nel territorio apuano, dal titolo “The Italian Factor”, che vuole dare uno sguardo più approfondito sui contribuiti degli artisti italiani al Rinascimento americano.
La storia dei 6 fratelli Piccirilli, soprattutto del più abile tra loro Achille, ha caratterizzato anche uno dei capitoli del recente documentario di Montes-Bradley "Daniel Chester French: American Sculptor", prodotto da Heritage Film Project in collaborazione con Chesterwood e il National Trust for Historic Preservation, visto il contributo dato nella realizzazione dell’imponente monumento di Abramo Lincoln a Washington. Un assaggio che ha portato il regista ad approfondire, con un successivo documentario, la tematica dell’arte scultorea portata in America dagli immigrati italiani, il “fattore italiano” appunto, di cui Attilio è stato l’esempio più concreto.
Ventiquattro mesi è il tempo di produzione stimato per i 60’ di durata del documentario (sempre prodotto dalla Heritage Film Project in collaborazione con The Columbus Citizens Foundation). Sarà conforme ai più alti standard richiesti dai principali network, con una distribuzione prevista nelle biblioteche pubbliche e accademiche. Il budget stimato è di $340.000 e verrà raccolto da un'organizzazione senza scopo di lucro di New York City, impegnata a promuovere l'apprezzamento del patrimonio e dei successi italoamericani.
Il regista rimarrà in zona un paio di giorni, necessari a studiare alcune location idonee alle riprese e ieri mattina si è recato dapprima alla Biblioteca Civica “S. Giampaoli”, per una visita alla Direttrice Susanna Dal Porto insieme a Silvano Soldano, la persona a cui il regista si è rapportato per la sua visita a Massa Carrara, e poi alle 11.00 dal Sindaco Francesco Persiani per un saluto veloce. La storia di Attilio, Ferruccio, Orazio, Furio, Masaniello, Getulio e Jole Piccirilli è rimasta inedita per anni. Il 16 maggio scorso il Comune di Massa li ha ricordati con una targa nella casa natia di via Beatrice 60 a Massa, nel 156esimo anniversario della nascita di Attilio; l’anno prima era stato presentato alla Biblioteca Civica il libro del 1944 - inedito in Italia - “Attilio Piccirilli: Life of an American sculptor”, donato da Italia Nostra nel corso di una conferenza tenuta da Silvano Soldano, Carmen Rusconi e Marco Betti. Ma i Piccirilli sono legati anche a Carrara, come risulta dallo studio fatto dalla Prof.ssa Maria Mattei in seguito al ritrovamento di un loro gesso all’interno della scuola del marmo Pietro Tacca di Carrara. “Finalmente sono stati riconosciuti i più grandi scultori della New York di fine secolo come ha scritto il Metropolitan Museum di New York - scriveva la Mattei – e nella sola Manhattan ci sono oltre 500 loro opere. Tra le più celebri i Leoni all’ingresso della Public Library, il timpano sul palazzo della Borsa di Wall Street, il Maine Memorial in Central Park, il bassorilievo del Rockefeller Center sulla Fifth Avenue e la sede centrale della polizia”.
La loro storia racchiude in sé gli elementi che appartengono un po’ a tutti. Il padre Giuseppe, garibaldino, sposò la massese Barbara Giorgi, ebbero 6 figli e aprì uno studio di scultura lavorando tra Massa e Carrara. Il promettente Attilio fu mandato all’Accademia di Roma, Fulvio e Masaniello a quella di Carrara, gli altri autodidatti. Si imbarcarono tutti per New York nel 1888 in cerca di un futuro migliore, e dopo 2 anni aprirono un proprio studio di scultura, il più grande ed elegante d’America. Nel 1923 viene fondata la Leonardo Da Vinci Art School nel Village. La difficoltà di emergere, per gli immigrati italiani in quel periodo, è dimostrata dal fatto che non poterono firmare le loro opere, sennò con il loro stile.
Il regista Eduardo Montes-Bradley, classe ’60, è regista, fotografo e scrittore. Si trasferisce a New York dove si dedica al giornalismo e alla fotografia, riunendo le due passioni nel documentarismo, settore nel quale ottiene grandi successi e con il quale si focalizza principalmente sulla tematica dell'immigrazione.
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